La ricchezza e la tecnologia della nostra società ci consentirebbero di vivere agiatamente anche lavorando solo poche ore al giorno. Teoricamente. Di fatto siamo dominati da un imperativo a produrre sempre e comunque, cioè ben oltre ciò che sarebbe individualmente o collettivamente necessario. Tolte otto ore di sonno e otto in ufficio, rimane ben poco, giusto il tempo di lavarsi, prendere il treno del pendolare, mangiare e guardare un po’ di Tv.
Ciò che dal lavoro esula, famiglia, amici, hobbies, piaceri, viene tutto compresso nel week end: due giorni (o addirittura uno) su sette per noi, gli altri per la produzione!
Oggi l’ozio viene riscoperto come terapia della nevrosi da lavoro: lavorare con calma e per bene, come un artigiano, trovare più tempo per coltivare le amicizie e gli interessi, apprezzare tutte quelle cose apparentemente “inutili”, perché non immediatamente traducibili in moneta, che fanno la qualità della vita. Cosa c’è di più urgente di ignorare l’urgenza, di abbandonare la frenesia e l’ansia a favore della lentezza e della riflessione? Abbiamo forse bisogno di una nuova etica oziosa? Forse si...
Un bel post Graziano, è carino quell dipinto!
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