CAPO DICE 'NON CAPISCI UN cazzo', REATO
Suprema corte respinge ricorso di un uomo per frase a dipendente
Stiano attenti i 'capi' che al lavoro apostrofano un dipendente con la frase 'non capisci un cazzo': rischiano una condanna per ingiuria. Alle posizioni gerarchiche piu' alte, infatti, e' dovuta, per il ruolo rivestito, una certa 'continenza espressiva'. Lo si evince da una sentenza della Quinta Sezione Penale della Cassazione che ha rigettato il ricorso di Sebastiano C., responsabile di una societa' in provincia di Catania, portato in giudizio da una sua dipendente. La Corte d'Appello di Catania aveva dichiarato la prescrizione del reato, confermandone pero' le 'statuizioni civili'. L'uomo ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che 'in ragione dell'evoluzione dei costumi e del mutamento del linguaggio quella frase era l'equivalente rafforzativo di 'lei non capisce nulla'', del tutto innocente, che stava a significare un 'lei non ha compreso quello che io ho scritto' trattandosi di una discussione nata per un ordine di servizio sugli straordinari. La Cassazione, pero', ha ritenuto il ricorso 'inammissibile perche' tendente ad una rivalutazione della effettiva potenzialita' offensiva dell'espressione' che nel merito era stata gia' valutata dai giudici di primo grado, tra l'altro 'tenendo conto del rapporto gerarchico che legava il capo alla dipendente, rapporto che avrebbe dovuto, oltre tutto, indurre il primo ad una attenta continenza espressiva'.
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